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Tavola Rotonda – Gli istituti culturali stranieri in Italia

Premessa

Salvatore Botta

Culla della «diplomazia culturale»: dall’Accademia di Francia, creata a metà del XVII, secolo all’Istituto coreano che ha aperto i battenti nel 2016, Roma è forse oggi la capitale che ospita il maggior numero di enti e fondazioni straniere sorte per approfondire gli scambi intellettuali con il nostro Paese, nell’ambito delle scienze umane. Un patrimonio polifonico di saperi che si è consolidato all’ombra dellAccademia Tedesca di Villa Massimo, dell’Istituto Storico Germanico, della Biblioteca Hertziana, del Goethe Institut solo per citare le principali iniziative di area tedesca. Ma pensiamo anche alla prestigiosa École Française, agli Istituti scandinavi, del Giappone, all’Accademia d’Ungheria con sede in Palazzo Falconieri, a quella reale di Spagna a San Pietro in Montorio o all’American Academy creata ai primi del Novecento sul Gianicolo. Si tratta di un ampio complesso di biblioteche e archivi che vede ogni anno docenti e giovani ricercatori cimentarsi con nuovi studi al cui centro è posta spesso l’Italia. Un valore aggiunto di grande rilievo per la conoscenza della nostra storia, in quanto frutto di una «prospettiva altra», dello sguardo e della sensibilità di culture diverse. Alla luce di queste considerazioni abbiamo chiesto ai rappresentanti di alcuni prestigiosi istituti culturali stranieri, che hanno partecipato al convegno internazionale «Sguardi dal mondo. L’Italia contemporanea nella storiografia internazionale» organizzato nel 2022 presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna in collaborazione anche con «Ricerche di Storia Politica», di raccontarci l’origine della loro fondazione, con quali strumenti e iniziative si sono posti in relazione con la storia italiana e le possibili prospettive della loro missione.

Laura Pettinaroli

(Direttrice degli studi sull’età moderna e contemporanea presso l’École Française de Rome)

L’École française de Rome e gli studi sull’Italia contemporanea[1]

In un periodo nel quale si cerca di scrivere una storia mondiale dei diversi paesi, risulta pertinente interrogarsi sul contributo dato alla conoscenza del Bel Paese dagli istituti stranieri insediati in Italia. In questo breve saggio, si cercherà di delineare in quale misura un’istituzione francese di produzione storiografica ‑ l’École française de Rome fondata nell’ultimo quarto dell’Ottocento ‑ ha contribuito allo studio dell’Italia contemporanea. Si partirà dagli inizi di un’istituzione creata all’epoca dell’Unità, per precisare poi come il periodo contemporaneo è stato gradualmente integrato quale oggetto di studio, e si segnaleranno infine i principali filoni di ricerca sviluppati all’École.

1. Un’istituzione francese presente in Italia dalla fine dell’Ottocento

Occorre innanzitutto sottolineare che l’École ‑ fondata nel 1873 e che si insedia a Palazzo Farnese nel 1875 ‑ è figlia dell’Italia contemporanea, formandosi proprio negli anni dell’Unità, in una Roma appena diventata capitale. Come tanti altri istituti stranieri, l’École nasce nell’Ottocento ed è un frutto caratteristico di questo secolo: porta con sé tanto l’impulso della nascente disciplina della storia, quanto un’impronta nazionalista. In questo contesto, Roma e l’Italia appaiono a volte come un’arena per archeologi e storici stranieri occupati a gareggiare tra di loro[2]. Questa situazione di coltura “fuori terra” ha potuto verificarsi in certe occasioni ma la corrispondenza dei primi direttori e membri dell’École, e le loro memorie, rispecchiano forti legami con studiosi e istituzioni italiani e, più generalmente, autentici inserimenti nella vita politica e culturale locale. La corrispondenza di Mons. Duchesne, direttore dell’École dal 1895 al 1922, evidenzia una rete di contatti che scorre dalla Roma ufficiale alla Roma ecclesiastica, da studiosi italiani a stranieri[3]. Per fare un esempio meno noto, uno dei primi membri dell’École (nel 1882), Pierre de Nolhac ‑ specialista della poesia del Rinascimento, poi conservatore del museo del castello di Versailles (1892-1919) e membro dell’Académie française ‑ racconta nelle memorie pubblicate nel 1930, le sue escursioni anche in posti remoti dell’Appennino e i contatti con varie personalità italiane[4]. Vicino alla destra nazionalista, Nolhac interpreta i legami franco-italiani come l’alleanza di due nazioni latine opposte alla tradizione tedesca. Quando racconta la visita al poeta Giosuè Carducci nel 1891 a Bologna, Nolhac ricorda che tutti cantavano per le stradi l’inno di Mameli, e lo studioso francese equipara l’irredentismo italiano al desiderio di rivincita francese in Alsazia[5]. Nel 1918, Nolhac incontra l’archeologo Giacomo Boni, direttore degli scavi del Palatino (che diventerà senatore nel 1923 e sarà vicino al fascismo): la discussione fra i due amici verte sulla scoperta ‑ considerata come premonitoria in questi ultimi mesi della Prima Guerra mondiale ‑ di una statua antica di “vittoria”, illustrando perfettamente il coinvolgimento bellicista degli storici di questa generazione[6].

            Questi esempi, noti o meno, ricordano quanto l’École ‑ attraverso chi l’ha animata direttamente ma anche attraverso la diversità dei suoi membri e ex-membri ‑ ha partecipato a una complessa storia politica, culturale e intellettuale italiana. Rileggere la storia dell’istituzione – una cosa che si fa volentieri avvicinandosi al 150° anniversario della fondazione[7] – si rivela anche un ottima via per approfondire la storia dell’Italia, in una prospettiva che non è solamente bilaterale, ma indissolubilmente europea e internazionale.

2. Un’apertura graduale alla storia contemporanea

La storia dell’istituzione, pure ricchissima e necessaria per una corretta contestualizzazione del contributo dell’École française de Rome alla conoscenza dell’Italia contemporanea, deve comunque essere completata da un approccio più direttamente storiografico. In effetti, l’École non è nata come luogo di ricerca sulla storia contemporanea ma come sezione dell’École française di Atene con un chiaro orientamento verso l’archeologia e il mondo antico. Tuttavia, sin dai primi anni, si fa notare un’apertura al medioevo e alla prima età moderna attraverso lo studio negli archivi, in particolare vaticani, accessibili dal 1880[8]. L’espressione, oggi diventata motto, di Mons. Duchesne “À l’école de toute l’Italie” simboleggia un’aspirazione a studiare l’Italia nel suo insieme e a diverse epoche.

Questi primi studi sul mondo contemporaneo, svolti dalla fine dell’Ottocento, rimangono comunque isolati e spesso legati alla tematica del papato, come lo studio di Georges Bourgin, membro nel 1903, sui rapporti tra papato e rivoluzione francese[9]. Le “conversioni” di studiosi dalla storia antica alla storia contemporanea, come quella di Georges Goyau ‑ membro nel 1892, specialista della tetrarchia, che si sposta verso la storia ultra-contemporanea politico-religiosa dell’Europa[10] ‑ sono eccezionali. In realtà, la storia contemporanea ‑ e l’École rispecchia tendenze forti nell’Università francese di quell’epoca[11] ‑ rimane fuori delle attività principali fino agli anni 1970. I mémoires redatti dai membri dell’École, indirizzati all’Istituto (Accademia delle Iscrizioni e Belle lettere) testimoniano di questo fatto: il primo mémoire sull’Ottocento viene redatto da Gérard Delille nel 1974 (“Agricoltura e demografia nel Regno di Napoli, XVIII e XIX  secoli”) e il primo sul Novecento da Jean Gili nel 1976 (“L’intervento dello Stato nel cinema italiano dell’epoca fascista, 1922-1945”)[12]. Da quel momento comunque, negli inizi degli anni 1980, si stabilisce la pratica di reclutare sistematicamente un membro specialista di storia contemporanea e, conseguentemente, i mémoires in questo campo si moltiplicano: Jean-Luc Pouthier (1979), Didier Musiedlak (1980), Catherine Brice et Alain Dewerpe (1982), Philippe Boutry (1985). Altri indicatori di questa apertura al periodo contemporaneo sono le pubblicazioni nelle collane dell’École (BEFAR e Collection) e la creazione di una rivista dedicata alla storia moderna e contemporanea nel 1989: i MEFRIM ‑Mélanges de l’École française de Rome – Italie et Méditerranée-[13], che raccolgono, oltre ai tradizionali articoli dei membri, atti di giornate di studio e di convegni che si sviluppano proprio dagli anni 1970 grazie all’apertura di una sala conferenze a Piazza Navona nel 1974. Altri cambiamenti strutturali potenziano allo stesso momento l’impegno sul campo dell’epoca contemporanea: l’organizzazione, nel 1974, delle sezioni scientifiche (tra le quali una sezione di storia moderna e contemporanea); la creazione di un sistema di borse per dottorandi negli anni 1970; la crescente apertura alle scienze sociali che si concretizza negli anni 1990 con la pratica di reclutare sistematicamente un membro proveniente da queste discipline, in particolare dalla geografia[14]. L’ordinamento, dagli anni 1990, del lavoro scientifico secondo programmi pluriennali ha probabilmente anche rafforzato le collaborazioni internazionali sull’Italia contemporanea, compresa in un contesto mediterraneo ed europeo. Per fare solo un esempio, si può citare, nell’attuale programma quinquennale 2022-2026, il progetto VILMOUV diretto da Camille Schmoll (geografa all’EHESS di Parigi) sulle mobilità e le città, che studia, in una prospettiva pluridisciplinare (geografia, sociologia, etnologia, architettura, scienze politiche) diverse città italiane con altre del mediterraneo[15].

Così, anche se l’interesse per lo studio dell’Italia contemporanea risale alla fine dell’Ottocento, fu soltanto negli anni 1970 che l’École è diventata un centro di ricerca e di formazione in situ su questo tema per i studiosi francesi, cosi come un luogo d’incontri e di collaborazioni con studiosi italiani e internazionali.

3. Un contributo molteplice alla storiografia dell’Italia contemporanea

Focalizzandoci adesso sulla mole di studi prodotti negli ultimi cinquant’anni, propongo di ritenere cinque filoni storiografici principali, che possono anche sovrapporsi.

La storia urbana costituisce un primo filone, presente dagli anni 1980-1990, con diversi studi di membri su Milano[16] e Roma[17]. Questa tradizione non è senza legami con i studi fatti all’École sull’antichità, il medioevo o l’epoca moderna: ne testimoniano diversi convegni e pubblicazioni realizzati in collaborazione con colleghi italiani sul fatto urbano e le pratiche sociali, ad esempio il libro del 1997 su Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe s.) curato da Maria Antonietta Visceglia e Catherine Brice[18].

Come la storia urbana, il secondo filone ‑ la storia religiosa ‑ è legato a studi promossi all’École su altri periodi. Si tratta meno di una storia del cattolicesimo italiano proprio (anche se studi importanti sono stati pubblicati, ad esempio sulla Democrazia cristiana[19]) che di una storia scritta a partire dalle fonti vaticane sulla dimensione romana del cattolicesimo o la sua romanizzazione[20]. Aperta verso l’internazionalità della Chiesa, questa storia religiosa contribuisce comunque a illustrare la storia italiana, sia sociale e urbana[21], che amministrativa[22].

Una terza tendenza forte dei lavori compiuti all’École dagli anni 1970 è la storia comparata. Questo filone, che andava anche di moda in quegli anni, si è, in effetti, sviluppato prima sulle dinamiche socio-economiche (nobiltà[23], società rurali[24]), poi sulle logiche culturali e scientifiche (orientalismo per esempio[25]) e con una costante focalizzazione sulle questioni politiche, dal libro del 1988 sul confronto tra costituzioni italiana e francese[26] ai studi di Fabrice d’Almeida sulla cultura dei socialisti francesi e italiani[27] ma soprattutto con diversi lavori collettivi, che vanno ben oltre la dimensione bilaterale franco-italiana per integrare altri paesi,  in particolare quelli del sud europeo. Si pensa ai convegni su Opinion publique et politique extérieure en Europe ai quali parteciparono Pierre Milza, Enrico Decleva, Brunello Vigezzi, Giorgio Rumi e tanti altri[28], ai convegni del 1994-1996 sulle famiglie politiche in Europa nel Novecento[29], ma anche a varie ricerche più specifiche sull’idea di “décadence”[30] o la politicizzazione delle campagne[31].

Se la storia comparata può essere definita un filone in sé stesso per le sue impostazioni metodologiche, la storia politica o piuttosto la storia delle culture politiche costituisce un quarto asse molto fecondo. In effetti, gli studi vanno da monografie su vari esponenti[32], partiti e associazioni[33] o reti di élites[34], a degli studi su certe idee politiche quale l’antisemitismo[35]. Questo filone è stato sviluppato negli ultimi anni secondo due direzioni principali: quella dell’antropologia politica (idea di fratellanza[36]; programma 2012-2016 sulla violenza politica diretto da M.-A. Matard-Bonucci; ricerche sulla visione del futuro di Virgile Cirefice[37]) e quella delle dinamiche transnazionali soprattutto nell’Ottocento (nobiltà controrivoluzionaria “bianca”[38], internazionale nera prevalentemente cattolica[39]).

Questi ultimi esempi ci conducono al quinto ed ultimo filone: la storia internazionale dell’Italia, studiata da due prospettive principali. La prima prospettiva è quella più classica e vicina alla storia politica: lo studio della diplomazia italiana e delle sue reti di influenza, sia verso la Francia in una chiave spesso culturale (P. Milza[40], Christophe Poupault[41]), sia verso il mediterraneo in una chiave coloniale, dall’Adriatico[42] alle colonie proprie[43] o alle relazioni con altri imperi[44]. In un contesto segnato dagli anni 2010 da importanti movimenti di popolazioni nel mediterraneo, la storia internazionale dell’Italia ha pure integrato un’altra dimensione, quella delle mobilità, riprendendo un filone tradizionale all’École: la storia delle migrazioni italiane che, dal punto di riferimento di Pierre Milza[45], era stato seguito da alcuni membri[46]. Negli ultimi anni, questo filone di studi si è dunque sviluppato mettendo l’accento su esponenti religiosi[47], rete consolari[48] e con una riflessione metodologica sulla rappresentazione cartografica delle migrazioni[49].

Se l’École française de Rome ha condiviso le vicende dell’Italia contemporanea dal 1873, è soltanto negli anni 1970 che è diventata un luogo di produzione storiografica su questo tema. Da quel momento in poi, lo studio dell’Italia contemporanea si è costituito quale un constante punto di investigazione in questa istituzione dedicata a tutti i periodi della storia. Accogliendo studiosi, pubblicando saggi e libri, appoggiando programmi di ricerca, l’École ha accompagnato lo sviluppo degli studi in particolare in storia urbana, religiosa, politica, internazionale. Se, ovviamente tutta la ricerca francese sull’Italia non è mai stata concentrata all’École, gli studi che vi sono svolti costituiscono un buon barometro dell’attività della ricerca francese sull’Italia contemporanea, in particolare a livello di dottorato, per il quale il sistema delle borse mensili consente di aiutare la stragrande maggioranza dei dottorandi lavorando sull’Italia o sulle fonti italiane. Furono queste ricerche, sviluppate all’École, originali e rispecchiando uno sguardo specificamente francese? Sarebbe il compito di un altro saggio cercare di rispondere a questa difficile domanda. Un’ipotesi di lavoro potrebbe essere che questi studi hanno avuto una dinamica più nettamente comparata, inserendo l’Italia in una prospettiva prima transalpina, e poi in una dimensione sempre maggiormente mediterranea, europea e mondiale, in coerenza tanto con le evoluzioni della storiografia che delle strutture di finanziamento della ricerca, sempre più fondate su collaborazioni internazionali, ma anche dei percorsi individuali di ricerca, sempre più misti e transnazionali.

Martin Baumeister

 (Direttore dell’Istituto Storico Germanico di Roma)

Il Deutsches Historisches Institut in Rom

o perché e come fare ricerca storica all’estero

L’Istituto Storico Germanico di Roma (ISG) è un istituto di ricerca, finanziato dal Ministero Federale per l’Istruzione e la Ricerca tedesco (BMBF), dedicato alla storia e alla storia della musica italiane nonché alla storia dei rapporti italo-tedeschi dal primo medioevo fino al presente. Nelle ricerche dell’Istituto, come recita la presentazione sulla sua homepage, contano particolarmente la prospettiva interdisciplinare e transepocale così come l’attenzione ai contesti transregionali e transnazionali nell’Europa meridionale e nell’area mediterranea. Dal 2002 l’ISG, insieme ad altri 10 istituti, fa parte della Fondazione Max Weber presso il BMBF, l’unica organizzazione accademica tedesca che svolge la ricerca nelle discipline umanistiche e nelle scienze sociali all’estero per mezzo di istituti permanenti.

1. Perché Roma?

La struttura organizzativa e l’identikit brevemente delineati sono il risultato di un lungo percorso che dura ormai da più di 130 anni. Esso risale al 1888 con la fondazione della Preußische Historische Station (Stazione Storica Prussiana), ribattezzata due anni dopo Istituto Storico Prussiano. Il nome attuale venne assunto quasi 50 anni dopo, nel 1936. La fondazione dell’ISG si doveva all’apertura degli Archivi Vaticani per i ricercatori internazionali, disposta da papa Leone XIII all’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento. Mentre lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius si era stabilito in Italia più di tre decenni prima, negli anni Cinquanta dell’Ottocento, per la passione e l’interesse per il suo paese di adozione con il proposito di scrivere la storia della Roma medievale come ricercatore indipendente e libero da ogni legame istituzionale, i suoi compatrioti arrivati a Roma dopo la fondazione del Reich puntarono invece su una presenza ufficiale del loro paese nella città eterna per promuovere gli scopi della propria storia nazionale. Per loro fare ricerca storica all’estero significava in linea di massima dedicarsi alla Grundlagenforschung, la ricerca di base, con un approccio storiografico essenzialmente positivista. Negli archivi vaticani cercavano prevalentemente fonti per la storia del Reich tedesco medievale e della prima età moderna con l’obiettivo principale di metterle a disposizione degli storici in Germania mediante repertori, strumenti di ricerca arricchiti di regesti, o in forma di edizioni.

Al di là del motivo concreto dell’apertura degli archivi del Vaticano, però, la fondazione dell’ISG si inserisce nel contesto di una Roma centro di attrazione per lo sviluppo, la professionalizzazione e l’istituzionalizzazione delle discipline umanistiche, grazie alla ricchezza del patrimonio storico e al mito della ‘città eterna’ in quanto luogo di nascita, di memoria e di fulcro della civiltà occidentale. Durante il ‘lungo Ottocento’ e buona parte del Novecento Roma vide la fondazione di tutta una serie di istituti di ricerca internazionali, italiani e vaticani, particolarmente nell’ambito dell’archeologia, della storia e della storia dell’arte, tra cui anche tre istituti tedeschi. Attualmente esistono più di 20 accademie e istituti stranieri a Roma che dopo la Seconda Guerra Mondiale si sono organizzati insieme a vari istituti italiani e vaticani nell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’arte in Roma. Questa presenza eccezionale di istituzioni straniere illustra in modo molto chiaro il ruolo particolare che Roma svolge fino ad oggi nell’ambito della ricerca umanistica internazionale.

2. Percorsi dell’internazionalizzazione

Considerando già solo il caso tedesco in una prospettiva di lunga durata, se ne evince la pluralità di forme e di motivi per la creazione di strutture permanenti per la ricerca all’estero, per ciò che oggi si potrebbe chiamare, con una parola chiave molto attuale, ‘l’internalizzazione’ della ricerca nell’ambito delle discipline umanistiche. L’ISG, fondato come ‘stazione’ per la raccolta ed elaborazione di fonti per la storia tedesca, seguiva una missione strettamente nazionale, per non dire nazionalista. L’Istituto Archeologico Germanico, invece, concepito al momento della sua nascita alla fine degli anni Venti dell’Ottocento come una rete internazionale di eruditi e scienziati, impegnati nello studio di un patrimonio culturale condiviso, si vedeva in una tradizione costituita dalla comunità delle nazioni occidentali e strettamente legata alla cultura classica greco-romana. Anche la Bibliotheca Hertziana, istituita da una mecenate privata e donata al Kaiserreich pochi anni prima dell’inizio della Grande Guerra, secondo le intenzioni della sua fondatrice seguiva l’ideale di uno spirito cosmopolita nel quale l’arte italiana appariva parte costitutiva del canone culturale europeo.

Nella motivazione dei tedeschi, ma anche dei rappresentanti di altre nazioni venuti a Roma per stabilire una presenza continua nella capitale italiana, si mescolavano quindi atteggiamenti nazionalisti con ideali cosmopolitici ed internazionalistici, tinti però di un chiaro eurocentrismo ed occidentalismo. Tuttavia, a prescindere dal semplice interesse accademico, non mancarono mai elementi politici nella decisione di creare infrastrutture permanenti all’estero. Infatti, la ricerca all’estero aveva sempre implicazioni di politica culturale, a seconda della rispettiva situazione politica. Gli ideali dell’internazionalismo e cosmopolitismo ottocenteschi vennero meno con la nascita parallela degli stati nazionali italiano e tedesco e furono banditi prima nella Grande Guerra e poi sotto le dittature fascista e nazionalsocialista. L’ISG, come gli altri istituti tedeschi a Roma, rimase chiuso per parecchi anni a causa delle due guerre mondiali e fu riaperto nel 1953 in un contesto politico di riavvicinamento delle due giovani democrazie post-fasciste con uno sguardo verso la nascente integrazione europea.

3. Oltre la storia nazionale

Durante i primi decenni della sua esistenza l’ISG si era spinto solo in maniera molto prudente oltre i limiti della storia nazionale tedesca, soprattutto nell’ambito della storia del papato e della curia così come nei lavori bibliografici riguardanti le pubblicazioni medievistiche in lingua italiana. A partire degli anni Cinquanta, nonostante una forte continuità nel suo profilo di ricerca dopo la cesura della guerra, iniziò un riorientamento del programma scientifico: infatti, si dava sempre più importanza alla storia italiana e delle relazioni bi-nazionali tra l’Italia e la Germania. Nel 1960 l’Istituto vide un importante ampliamento della propria ricerca in chiave multidisciplinare con l’istituzione di una sezione di storia della musica. E allo stesso tempo, sempre a partire degli anni Sessanta, l’ISG iniziava ad aprirsi verso la storia contemporanea, prima del tardo Ottocento, e poi, negli anni Settanta, con l’aggiunta della storia del fascismo e del nazionalsocialismo nonché della Seconda Guerra Mondiale. In questo modo, l’Istituto divenne un importante rappresentante della Germania nel fare i conti con il passato traumatico degli anni Trenta e Quaranta, dell’alleanza nefasta dell’Asse’, dell’occupazione tedesca in Italia, dei crimini di guerra e della Shoah. Fino ad oggi, gli studi e le perizie eseguite dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto svolgono un ruolo importante per affrontare questi capitoli bui della storia italo-tedesca.

Nel secondo dopoguerra, seguendo il prototipo romano, furono aperti tutta una serie di istituti storici germanici all’estero, partendo da Parigi (1958), passando per Londra (1976), Washington (1987), Varsavia (1993) e da ultimo Mosca (2005). La fondazione di questi istituti lascia intravedere una logica politica di cooperazione e di integrazione della Repubblica federale, nella quale la ricerca storica e la cooperazione accademica costruiscono ponti e divengono una piattaforma per il dialogo, prima in un mondo occidentale segnato dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla Guerra fredda e poi in un contesto di riavvicinamento e intesa con l’Europa dell’Est dopo la caduta del muro. A livello accademico questi istituti rappresentavano e rappresentano tuttora un importante strumento per l’internalizzazione della ricerca storica tedesca.

Nel 2002, prima ancora dell’apertura dell’Istituto Storico Germanico di Mosca, l’integrazione di tutti gli istituti storici germanici insieme ad alcuni altri istituti tedeschi all’estero operanti nell’area delle discipline umanistiche e delle scienze sociali in una fondazione dipendente dal BMBF che dal 2012 porta il nome di Max Weber Stiftung (MWS), cambiò lo status istituzionale dell’ISG senza però mettere in discussione la sua autonomia nell’ambito della ricerca ed il suo programma scientifico in generale. Anzi, la MWS offre un orizzonte molto più ampio grazie ad una rete di istituti ed enti, oltre a quelli già nominati in Europa e nel mondo occidentale, situati particolarmente nell’area del Mediterraneo orientale, in India ed in Giappone.

La storia dell’ISG si può quindi intendere come un percorso specifico e allo stesso tempo esemplare per ciò che oggi si chiama l’internazionalizzazione della ricerca nell’ambito delle discipline umanistiche. Da avamposto accademico prussiano-tedesco nella capitale italiana e presso il Vaticano, l’Istituto si è trasformato in un membro di varie reti di ricerca nazionali ed internazionali – tra cui la Fondazione Max Weber e gli istituti dell’Unione romana. Rielaborando la sua lunga tradizione nel contesto di un mondo accademico in continua trasformazione l’ISG sviluppato il suo attuale profilo, sempre partendo della domanda centrale: perché e come fare ricerca storica e musicologica all’estero, cioè a Roma e in Italia?

4. Servizi e attività dell’Istituto

Data la grande ricchezza del patrimonio culturale conservato negli archivi e nelle biblioteche in Italia e nel Vaticano, la cosiddetta ricerca di base continua senz’altro ad essere un compito essenziale dell’ISG. Da ormai quasi vent’anni l’Istituto sta riorientando progetti di lunga data, soprattutto i repertori vaticani, tramite gli strumenti e i metodi delle Digital Humanities per migliorare e potenziare le possibilità di utilizzo e allo stesso tempo aprire nuovi orizzonti per l’analisi del materiale in forma di research data. Inoltre, in questo campo l’Istituto si sta impegnando in altre importanti attività che abbracciano tutte le discipline ed epoche presenti nella propria struttura, dalla musicologia alla storia contemporanea: la digitalizzazione di rara, di manoscritti e di pubblicazioni provenienti da collezioni proprie ed altrui; lo sviluppo di database e di edizioni critiche born digital.

La ricerca dell’Istituto, anche se l’ISG non è un centro di studi pluridisciplinare come p.e. l’École française de Rome, la American Academy of Rome o la Escuela Española de Historia y Arqueología de Roma, è caratterizzata da una prospettiva transepocale e multidisciplinare, orientata verso il dialogo tra la storia e la musicologia, ma anche verso altre discipline come l’archeologia, la storia dell’arte, le scienze politiche o la sociologia storica. I temi sono collegati in primo luogo alle fonti disponibili negli archivi e nelle biblioteche italiani e vaticani e vanno anche oltre la storia italiana e quella della chiesa e del cattolicesimo in Italia per ciò che concerne le relazioni italo-tedesche, includendo in misura importante temi e approcci di carattere transnazionale e anche globale. Le ricerche dell’Istituto non vengono canalizzate e organizzate secondo clusters o campi tematici strettamente delimitati. Negli ultimi anni sono state definite tre assi tematiche per favorire e promuovere il dialogo interno fra le varie discipline ed epoche rappresentate all’ISG. Queste assi comprendono la categoria dello spazio nelle manifestazioni concrete del mondo mediterraneo, del Sud e della città; la religione, particolarmente riguardo all’istituzione della Chiesa cattolica, del papato e all’ebraismo; e, da ultimo, il potere come categoria trasversale.

Un’importante attività strettamente legata alla ricerca dell’Istituto è rappresentata dalle pubblicazioni. L’ISG cura, tra l’altro, varie collane in lingua tedesca, italiana e in parte in inglese: la Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom, inaugurata nel 1905, così come le Ricerche dell’Istituto Storico Germanico di Roma, nata nel 2007 in collaborazione con la casa editrice Viella, pubblicano monografie, volumi collettanei e, nel caso delle Ricerche, anche edizioni di fonti relative alla storia italiana e italo-tedesca; nelle Online-Schriften des DHI Rom. Neue Reihe | Pubblicazioni online del DHI Roma. Nuova serie si pubblicano, in varie lingue e in open access, monografie, volumi collettanei ed edizioni sulla storia dell’Italia e della musica italiane, nonché sulla storia dei rapporti italo-tedeschi, in contesti transregionali e transnazionali. La sezione di storia della musica cura due collane: dal 1963 Analecta musicologica, che si occupa di temi della storia della musica italiana e dei rapporti musicali italo-tedeschi e, dal 1973, Concentus musicus per edizioni critiche di opere musicali italiane. Dal 1898 l’ISG pubblica un annuario, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken (QFIAB), dedicato a tematiche legate alla storia dell’Italia e – a partire dal volume 100 (2020) – della musica italiana, nonché alla storia dei rapporti italo-tedeschi nei loro contesti transregionali e transnazionali. La rivista è stata classificata dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) in fascia A nelle aree di storia medievale, storia moderna, storia contemporanea così come scienze del libro e del documento e scienze storico religiose, e ciò la rende particolarmente attraente anche per studiose e studiosi italiani. Tutte queste pubblicazioni, ad eccezione di Concentus musicus, che si concentra sulla musica dell’età moderna, coprono, in sintonia con il profilo dell’Istituto, l’arco temporale dal primo medioevo fino al passato più recente e vengono sottoposte a doppia blind peer review per garantire la loro qualità scientifica. L’Istituto segue una politica di open access: dopo un periodo di embargo le sue collane storiche a stampa e i contenuti della sua rivista sono accessibili sulla piattaforma di pubblicazione digitale della MWS perspectivia.net. Inoltre, i risultati del lavoro dell’ISG nel campo delle Digital Humanities, siano banche dati, edizioni o bibliografie, sono altrettanto disponibili online, quasi tutti in open access, con poche eccezioni a causa di restrizioni legali.

Un servizio importante che l’ISG offre alle ricercatrici e ai ricercatori è rappresentato dalla sua biblioteca con ampi fondi nei campi della musicologia e della storia dal primo medioevo fino all’epoca più recente. La biblioteca dispone tra l’altro di raccolte specifiche di libretti musicali rari, di fondi storici, tra cui manoscritti della prima età moderna, e di fondi originali dell’epoca fascista e nazionalsocialista, particolarmente giornali, riviste e letteratura grigia. A ciò si aggiungono in misura crescente importanti risorse elettroniche, riviste, libri e database, inclusi quelli messi a disposizione a livello della MWS.

Una parte fondamentale dell’attività dell’Istituto è la formazione e promozione di giovani ricercatrici e ricercatori mediante tirocini e corsi di studio per studentesse e studenti universitari di livello avanzato così come l’assegnazione di borse di studio e assegni di ricerca per dottorande e dottorandi nonché ricercatrici e ricercatori post-doc. Finanziamenti di breve durata servono per svolgere ricerche in archivi e biblioteche italiani e vaticani, ma anche per preparare le domande per chiedere dei finanziamenti europei oppure di fondazioni tedesche o altri enti. Inoltre, l’Istituto bandisce alcuni posti pluriennali per ricercatrici e ricercatori post-doc per la stesura del second book e organizza progetti con fondi esterni, prevalentemente tedeschi, come quelli della Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG), delle Fondazioni Gerda Henkel e Thyssen o del Ministero per l’Istruzione e la Ricerca.

In queste attività l’ISG si appoggia ad una fitta rete di cooperazioni scientifiche, che si estende, come nel caso degli istituti della MWS, anche oltre l’ambito europeo. Comunque, le cooperazioni tra i mondi accademici italiani e tedeschi assumono un ruolo centrale. Le ricercatrici e i ricercatori italiani che lavorano presso e con l’Istituto sono al primo posto tra le studiose e gli studiosi “non tedeschi”. L’ISG collabora inoltre strettamente con la Arbeitsgemeinschaft für die Neueste Geschichte Italiens, l’associazione tedesca per la storia italiana contemporanea, così come con la Società Italiana per la Storia Contemporanea dell’Area di Lingua Tedesca (SISCALT), contribuendo al finanziamento e all’organizzazione di workshops e convegni. L’ISG funge dunque da ponte tra i due mondi accademici italiano e tedesco.

5. Le sfide attuali

Un’istituzione con una lunga storia come quella dell’ISG deve affrontare un continuo processo di mediazione fra tradizione e innovazione. Nella situazione attuale si tratta soprattutto di rispondere in modo produttivo a determinate tendenze delle politiche scientifiche che tendono ad attuare una sorte di strategia della carovana e una logica della piattaforma. In questa prospettiva, il lavoro scientifico dovrebbe essere sottomesso a un permanente processo di cambiamento e spostamento, a livello tanto organizzativo quanto di metodi ed approcci, di tematiche e contenuti, per produrre innovazione ed efficienza. Ciò comporta la sfiducia nelle strutture permanenti ed una preferenza per una ricerca dedicata a progetti di breve o media durata e pertanto l’impiego di ricercatrici e ricercatori e con contratti a tempo determinato. Per giunta la pandemia ha fatto sì che l’Istituto, come tante altre istituzioni, abbia accelerato i processi di digitalizzazione e virtualizzazione, particolarmente nelle sfere della comunicazione e dell’organizzazione del lavoro. A prescindere da alcuni vantaggi che questi sviluppi possono avere per un istituto che lavora in un contesto internazionale, p.e. nella comunicazione specialmente a larga distanza, essi tendono ad indebolire l’apprezzamento di un ancoraggio istituzionalizzato della ricerca in un luogo concreto. Occorre perciò acuire il senso per la rilevanza e il valore fondamentale di una presenza permanente in modo da rafforzare il progetto multiforme dell’internazionalizzazione delle discipline umanistiche, con un ISG che funge da laboratorio e snodo internazionale della ricerca, utilizzando le risorse uniche che Roma e l’Italia offrono alle studiose e agli studiosi di storia e di musicologia, acquistando conoscenze e competenze sul territorio e costruendo forti reti professionali di stima e di fiducia reciproci. Perché se si va all’estero con gli occhi aperti, si cambia lo sguardo, e cambiando lo sguardo, si cambia la storia.

Rudolf Dinu

(Docente di Storia delle relazioni internazionali presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest e Direttore dell’Accademia di Romania in Roma)

L’ACCADEMIA DI ROMANIA IN ROMA

L’Accademia di Romania in Roma è una delle più importanti istituzioni romene di alta formazione accademica e la più antica tra quelle che svolgono la loro attività olte i confini nazionali. Da quasi cento anni (compreso un triste periodo di interruzione durante il regime comunista) disegna e gestisce eventi di alto livello scientifico e culturale e svolge attività di ricerca e formazione accademica in studi umanistici come parte delle “Scuole straniere” d’Italia, con lo scopo di perfezionamento dei borsisti dello Stato romeno. Le borse di studio “Vasile Pârvan” presso l’Accademia di Romania in Roma, concesse dal governo romeno attraverso il Ministero dell’Educazione e il Ministero degli Affari Esteri offrono ai giovani ricercatori l’opportunità di specializzarsi in storia, storia dell’arte, archeologia, lingue classiche e moderne, architettura e arte. L’Accademia di Romania in Roma fa parte dell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte di Roma, insieme ad altre 29 scuole e istituti stranieri attivi nella città eterna già a partire dal XVII secolo.

Un primo disegno di fondazione della Scuola Romena di Roma risale al 1912 (allorquando, nelle discussioni in merito iniziate dal ministro plenipotenziario romeno, Diamandi, con il sindaco di Roma, Nathan, si era già concordato di insediare la futura accademia “nella parte più bella di Valle Giulia”, sulla soperficie di terreno occupata dal padiglione americano all’Esposizione Internazionale del 1911), ma la Grande Guerra impedì l’attuazione del progetto. Nel 1920 il Parlamento della Romania approvava una legge – ideata e promossa dallo storico Nicolae Iorga (1871-1940) e dall’archeologo Vasile Pârvan (1882-1927) – che prevedeva la fondazione di due accademie romene all’estero: la Scuola Romena di Fontenay aux Roses (Parigi) e la Scuola Romena di Roma. Erano entrambe destinate al perfezionamento dei giovani romeni nel campo delle discipline umanistiche, delle belle arti e dell’architettura. L’8 luglio 1921 il Governatorato di Roma metteva a disposizione dello Stato romeno un terreno a Valle Giulia per la costruzione di un immobile che accogliesse un’Accademia di Storia, Archeologia e Belle Arti.

La Scuola iniziò la propria attività il 1° novembre 1922 nella sede provvisoria di via Emilio de’ Cavalieri 11. Aveva una sola sezione, quella storico-archeologica, formata da quattro membri che diventeranno otto nel 1924. L’anno dopo, nel 1925 fu inaugurata la sezione di belle arti e architettura che accolse, almeno fino all’inizio degli anni ‘30, soltanto architetti. L’attuale sede, inaugurata nel gennaio 1933, fu edificata sotto la direzione dell’architetto Petre Antonescu, grazie alla munificenza della Banca Nazionale della Romania, che sostenne tutte le spese di costruzione e di arredo. A quella data funzionava già la British School in un vicino palazzo e, nei decenni seguenti, con l’edificazione delle altre accademie straniere, Valle Giulia si trasformò in una vera e propria “Valle delle Accademie”. Dal 1922 al 1947 alla Scuola Romena furono inviati dalle quattro università della Romania di allora (Bucarest, Cluj, Iasi e, fino al 1940, Cernauti) i migliori laureati in archeologia, storia, lettere, belle arti ed architettura. Le borse di studio erano elargite dal Ministero romeno dell’Istruzione pubblica. L’attività scientifica della Scuola era patrocinata dall’Accademia Romena di Bucarest. Circa centotrenta giovani romeni studiosi poterono perfezionarsi alla Scuola Romena di Roma e molti di loro diventarono di seguito personalità di spicco in Romania e all’estero. Nel 1923 cominciava a essere pubblicato l’annuario della Scuola (Ephemeris Dacoromana), che raccoglieva studi di storia, archeologia, storia dell’arte e dell’architettura, filologia romanza, storia della letteratura ecc. dovuti ai membri della Scuola. Una seconda pubblicazione, Diplomatarium Italicum, destinato a pubblicare i documenti inediti degli archivi romani relativi alla storia e alla cultura dei romeni,vedeva la luce della stampa nel 1925. Uno dei periodi più prolifici della Scuola Romena di Roma fu, senza alcun dubbio, quello compreso tra il 1922 e il 1940. Nei 18 anni di attività un numero impressionante di 120 borsisti, dei quali 27 presenti durante la Direzione di Vasile Pârvan (1922-1927), poté specializzarsi o perfezionarsi nella capitale del mondo latino (vi furono oltre 35 storici dei quali 16 specializzati in storia antica e archeologia e, oltre 15, filologi e italianisti, nonché architetti e artisti plastici). Tra questi 127, tre sarebbero diventati direttori della Scuola (Gh. Mateescu, Emil Panaitescu e Dumitru Găzdaru), otto membri dell’Accademia Romena e, oltre 20, professori universitari. Questa straordinaria attività di formazione accademica fu troncata non dalla guerra, bensì dall’avvento del comunismo in Romania.

Nel 1947 le nuove autorità romene imposte da Mosca decisero la chiusura della Scuola. Dal 1947 al 1969 l’Accademia rimase chiusa e l’edificio andò degradandosi gradualmente. Nel periodo del “disgelo” nei rapporti tra la Romania comunista e l’Occidente, la sede dell’Accademia fu riaperta come “Biblioteca Romena di Roma”, diretta, inizialmente, dall’italianista Alexandru Balaci. Solo nel 1990, dopo la caduta del regime totalitario di Bucarest, l’istituzione cambiò nuovamente statuto, ridiventando l’Accademia di Romania a Roma. Sotto la direzione del prof. Marian Papahagi (1997-1999) l’istituzione fu riportata gradualmente al suo scopo iniziale. Dal 1999 sono elargite le borse di studio “Vasile Pârvan” nei campi tradizionali di perfezionamento post-universitario e post-dottorale. Dal 2000 è ripresa la pubblicazione dell’annuario Ephemeris Dacoromana e nel 2005 l’Accademia di Romania è ritornata nel seno dell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma.

La Biblioteca dell’Accademia di Romania in Roma è la più grande biblioteca romena all’estero, con una collezione di oltre 40.000 volumi. La biblioteca è dedicata innanzitutto all’ambito accademico italiano e romeno, nonché al pubblico italiano, offrendo prevalentemente letteratura romena, storia, linguistica romanza, archeologia, architettura e arte.

L’Accademia di Romania svolge anche un ruolo di mediatore fra il mondo universitario e scientifico romeno e le università e altre istituzioni di ricerca presenti a Roma e in Italia, organizzando conferenze, convegno, seminari e incontri con studiosi italiani e d’altra nazionalità.

Tra gli eventi accademici e culturali avviati e organizzati negli ultimi cinque anni che hanno avuto un carattere prevalentemente storico-culturale, possiamo citare:

(De)scrivere Roma nell’Ottocento: alla ricerca del museo delle radici culturali europee, 12-13 aprile 2018, convegno internazionale organizzato da ARR in collaborazione con Istituto Storico Austrico con invitati dall’Université Paris-Est/Universität Vienna, Université Paris 8, Università Roma Tre, Università La Sapienza di Roma, Università di Roma Torvergata, Universität Innsbruck, Università di Bucarest, Università della Tuscia, Johannes Gutenberg-Universität Mainz, Université de Lyon 2, Università di Tampere, Università di Torino.

1918 e gli anni successivi – Economia, finanza e structure nell’area Adriatico-Danubiana, 11-12 giugno 2018, convegno internazionale organizzato da ARR in collaborazione con Istituto Storico Austriaco, Università di Graz, Accademia Polacca di Roma.

Balkans: Meeting of Cultures. Cross-Cultural Trading Diasporas in South-Eastern Europe, 3 – 6 settembre 2018, colloquio internazionale organizzato da ARR in collaborazione con Università La Sapienza di Roma, Sentro Moshe David Gaon de kultura djudeo – espanyola of Ben – Gurion University of the Negev, Facoltà di Arti Liberali dell’Università di Varsavia.

Il sud-est europeo e le Grandi Potenze. Questioni nazionali e ambizioni egemoniche dopo il Congresso di Berlino, 3-4 ottobre 2019, colloquio internazionale organizzato da ARR e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi Roma Tre, in collaborazion con l’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, l’Istituto di Studi Est-Europei di Bucarest, Leibniz-Institut für Ost- und Südosteuropaforschung Regensburg, Università di Perugia, Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität Bonn, École française de Rome, Center for Ottoman Diplomatic History Istanbul, Università di Milano, Institute for Balkan Studies Belgrado, Università di Teramo, Associazione degli Storici della Grande Guerra della Federazione Russa Mosca.

The Art of Power – The Power of Art. Artists, Propaganda And Politics From Late Antiquity To The Contemporary Age, 30-31 ottobre 2019, convegno internazionale organizzato da ARR in collaborazione con l’Università di Bucareste e l’Università di Perugia,

La Romanità orientale e l’Italia dall’antichità fino al secolo XX, 2019-2022, colloquio internazionale con cadenza annuale organizzato da ARR in collaborazione con l’Università “Al.I. Cuza” di Iasi, Università di Bucarest, Università Babeș-Bolyai di Cluj-Napoca, Università di Sassari, Università Roma Tre, Università degli Studi di Perugia, Univeristà di Trieste.

Atelier in trincea. Artisti romeni nella Grande Guerra, mostra di pittura, scultura e grafica, 30 ottobre – 3 dicembre 2017, Museo Centrale del Risorgimento – Complesso Monumentale del Vittoriano, Ala Brasini, realizzata in collaborazione con Museo Nazionale d’Arte della Romania, Museo Nazionale Militare ” Re Ferdinando I”, Complesso Museale Nazionale “Moldova”, Museo Regionale d’Arte di Prahova “Ion Ionescu Quintus”, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, Museo Centrale del Risorgimento.

La Grande Guerra e l’Unificazione Romena, un percorso storico e visuale a 100 anni dalla nascita della Grande Romania, 2-31 ottobre 2018, mostra storico-documentaria con oggetti del patrimonio, organizzata da ARR al Museo Centrale del Risorgimento – Complesso Monumentale del Vittoriano, in collaborazione con l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, il Museo di Storia Nazionale della Romania, l’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre e l’Ambasciata di Romania in Italia Repubblica.

Dopo la creazione, nel 2003, dell’Istituto Culturale Romeno, l’Accademia di Romania ha assunto anche il ruolo di rappresentanza dell’Istituto Culturale Romeno all’estero. Il programma di promozione culturale dell’Accademia di Romania in Roma è molto ampio e si estende su tutte le categorie importanti di espressione culturale e artistica. Per quello che riguarda la letteratura, le principali aree d’interesse sono la letteratura romena contemporanea, fiction e nonfiction. L’Accademia ha il vantaggio di collaborare con la rete dei lettorati di lingua romena in Italia e con i traduttori di letteratura romena che sono docenti di lingua e letteratura romena presso le più importanti università italiane. Vanno ricordati due eventi importanti come Mercoledì Letterari e la partecipazione romena al Salone Internazionale del Libro di Torino. Nell’ambito della musica, l’Accademia organizza concerti con la partecipazione di musicisti romeni consacrati a livello internazionale e con giovani studiosi romeni e italiani del Conservatorio Santa Cecilia di Roma.

Un evento culturale molto importante, ormai diventato un emblema nell’ambito dell’arte contemporanea delle istituzioni straniere a Roma, nato su iniziativa dei borsisti dell’Accademia di Romania, è Spazi Aperti, arrivato ormai alla XXI edizione. Spazi Aperti è un evento-mostra, dedicato al mondo delle accademie e istituti culturali esteri in Roma, i cui borsisti in residenza sono invitati a lavorare e a esporre negli spazi del palazzo. L’evento offre la possibilità di interagire con i borsisti delle altre accademie a Roma attive nel mondo dell’arte contemporanea.

L’Accademia di Romania svolge la propria attività in base all’Accordo Culturale tra la Romania e l’Italia. La sua gestione è affidata al Ministero degli Esteri della Romania, le sue attività scientifiche sono coordinate dall’Accademia Romena di Bucarest e dal Ministero romeno dell’Educazione Nazionale e quelle culturali dall’Istituto Culturale Romeno.

http://www.accadromania.it/

www.icr.ro/roma

Bibliografia selettiva

Mihai Bărbuescu, Veronica Turcuș, Iulian Damian, Accademia di Romania in Roma, 1922-2012, Accademia di Romania, Roma, 2013.

Nicolae Lascu, Banca Națională a României și arhitectura, București, 2006, (pp. 139-172: Accademia di Romania in Roma și mecenatul Băncii Naționale).

Veronica Turcuș, Prolegomeni alla costruzione dell’Accadmia di Romania in Roma, “Ephemeris Dacoromana”, XIII, 2011, pp. 247-286.


[1] L’autrice ringrazia Brigitte Marin e Fabrice Jesné per i loro consigli.

[2] Questa competizione si è verificata nelle edizioni di fonti vaticane: Olivier Poncet, Les entreprises éditoriales liées aux archives du Saint-Siège : histoire et bibliographie (1880-2000), Rome, EFR, 2003 (Collection de l’École française de Rome, d’ora in poi CEFR 318).

[3] Sui primi anni dell’École, la figura di Duchesne è probabilmente quella meglio conosciuta e studiata. Monseigneur Duchesne et son temps, Rome, EFR, 1975 (CEFR 23); Brigitte Waché, Monseigneur Louis Duchesne (1843-1922). Historien de l’Église et directeur de l’École française de Rome, Rome, EFR, 1992 (CEFR 167). Ved. anche Michel Gras (dir.) « À l’École de toute l’Italie » : pour une histoire de l’École française de Rome, Rome, EFR, 2010 (CEFR 431) e Michel Gras, Olivier Poncet (dir.) Construire l’institution. L’École française de Rome, 1873-1895, Rome, EFR, 2014 (CEFR 486).

[4] Pierre de Nolhac, Souvenirs d’un Vieux Romain, Paris, Plon, 1930.

[5] Ibid., p. 85-86.

[6] Ibid., p. 99-113. Sulla cultura di guerra nei ceti intellettuali, ved. per esempio Christophe Prochasson, Anne Rasmussen, Au nom de la patrie. Les intellectuels et la Première Guerre mondiale (1910-1919), Paris, La Découverte, 1996 ; Aleksandr N. Dmitriev, « La mobilisation intellectuelle », Cahiers du monde russe, 2002, 43/4, p. 617-644.

[7] Ved. il sito Internet “Farnese150” https://farnese150.hypotheses.org/. Sulla storia dell’istituzione, oltre agli studi segnalati nella nota 2, ved. anche École française de Rome 1875-1975. Exposition organisée aux Archives de France à l’occasion de son centenaire, Rome, EFR, 1975.

[8] Cf. Charles Pietri, Philippe Boutry, con la collaborazione di François-Charles Uginet, La Scuola Francese di Roma, in Paolo Vian (a cura di), Speculum mundi: Roma centro internazionale di ricerche umanistiche, Roma, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma, 1992, p. 213-237, in part. p. 220-221.

[9] Francia e Roma negli anni 1788-1797, Roma, EFR, 1909 (BEFAR 102).

[10] Su questa importante figura di pubblicista del primo Novecento, ved. Jérôme Grondeux, Georges Goyau, 1869-1939 : un intellectuel catholique sous la IIIe République, Rome, EFR, 2007 (CEFR 381).

[11] Gérard Noiriel, Qu’est-ce que l’histoire contemporaine ?, Paris, Hachette, 1998.

[12] Ved. l’elenco dei « mémoires », in Michel Gras (dir.) « À l’École de toute l’Italie » : pour une histoire de l’École française de Rome, Rome, EFR, 2010 (CEFR 431), p. 391-425.

[13] La rivista dei Mélanges, fondata nel 1881, viene profondamente trasformata negli anni 1970-1980. Nel 1971, due collane sono create ‑ “Antiquité” e “Moyen-Âge, Temps modernes” – e, finalmente nel 1989, una terza collana emerge, separando il medioevo dal periodo moderno-contemporaneo.

[14] Colette Vallat, Rome et ses borgate (1960-1980). Des marques urbaines à la ville diffuse, Rome, EFR, 1995 (Bibliothèque des écoles françaises d’Athènes et de Rome -d’ora in poi BEFAR- 287).

[15] https://www.efrome.it/la-recherche/programmes/detail-programme/vilmouv

[16] Olivier Faron, La ville des destins croisés. Recherches sur la société milanaise du XIXe siècle (1811-1860), Rome, EFR, 1997 (BEFAR 297); Alice Ingold, Négocier la ville. Projet urbain, société et fascisme à Milan, Rome, EFR, 2003 (BEFAR 316).

[17] Catherine Brice, Monumentalité publique et politique à Rome. Le Vittoriano, Rome, EFR, 1998 (BEFAR 301); Denis Bocquet, Rome ville technique (1870-1925) : une modernisation conflictuelle de l’espace urbain, Rome, EFR, 2007 (BEFAR 334).

[18] Maria Antonietta Visceglia, Catherine Brice (dir.), Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe s.), Rome, EFR, 1997 (CEFR 231).

[19] Jean-Dominique Durand, L’Église catholique dans la crise de l’Italie (1943-1948), Rome, EFR, 1991 (CEFR 148).

[20] Philippe Levillain, Albert de Mun. Catholicisme français et catholicisme romain du Syllabus au Ralliement, Rome, EFR, 1983 (BEFAR 247); Bruno Horaist, La dévotion au pape et les catholiques français sous le pontificat de Pie IX 1846-1878 : d’après les archives de la Bibliothèque apostolique vaticane, Rome, EFR, 1995 (CEFR 212).

[21] Philippe Boutry, La Restauration de Rome. Sacralité de la ville, tradition des croyances et recomposition de la Curie à l’âge de Léon XII et de Grégoire XVI (1814-1846), thèse d’État, Université Paris-Sorbonne1993, tesi della quale una parte è stata pubblicata sotto il titolo Souverain et pontife : recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome, EFR, 2002 (CEFR 300).

[22] François Jankowiak, La Curie romaine de Pie IX à Pie X : du gouvernement de l’Église et de ses États à celui de la seule Église universelle (1846-1914), Rome, EFR, 2007 (BEFAR 330).

[23] Les noblesses européennes au XIXe siècle, Rome, EFR, 1988 (CEFR 107).

[24] Jordi Canal, Gilles Pécout, Maurizio Ridolfi (dir.), Sociétés rurales du XXe siècle : France, Italie et Espagne, Rome, EFR, 2004 (CEFR 331).

[25] Benoît Grévin (dir.), Maghreb-Italie : des passeurs médiévaux à l’orientalisme moderne (XIIIe-milieu XXe s.), Rome, EFR, 2010 (CEFR 439) ; Marie Bossaert, Antonin Durand, dossier « La fabrique transnationale de la « science nationale » en Italie (1839-fin des années 1920) », MEFRIM, 2018, 130-2.

[26] Deux constitutions : la Ve République et la République italienne. Parallèles et commentaires, Rome, EFR, 1988 (CEFR 112).

[27] Fabrice D’Almeida, Histoire et politique, en France et en Italie : l’exemple des socialistes 1945-1983, Rome, EFR, 1998 (BEFAR 302).

[28] Opinion publique et politique extérieure en Europe. I. 1870-1915, Rome, EFR, 1981 (CEFR 54/1); Opinion publique et politique extérieure en Europe. II. 1915 -1940, Rome, EFR, 1984 (CEFR 54/2); Opinion publique et politique extérieure en Europe. III. 1940-1981, Rome, EFR, 1985, (CEFR 54/3).

[29] Les familles politiques en Europe occidentale au XIXe s. Actes du colloque de Rome (1er-3 décembre 1994), Rome, EFR, 1997 (CEFR 240) ; Les familles politiques en Europe occidentale au XXe s. Actes du colloque de Forlì et Bertinoro (octobre 1996), Rome, EFR, 2000 (CEFR 267).

[30] Jean-Yves Frétigné, François Jankowiak (dir.), La décadence dans la culture et la pensée politiques : Espagne, France et Italie (XVIIIe-XXe s.), Rome, EFR, 2008 (CEFR 395).

[31] La politisation des campagnes au XIXe s. : France, Italie, Espagne et Portugal, Rome, EFR, 2000 (CEFR 274).

[32] Jean-Yves Frétigné, Biographie intellectuelle d’un protagoniste de l’Italie libérale, Napoleone Colajanni (1847-1921) : essai sur la culture politique d’un sociologue et député sicilien à l’âge du positivisme, 1860-1903, Rome, EFR, 2002 (BEFAR 312) ; Sante Cruciani (dir.), Bruno Trentin e la sinistra italiana e francese. 2012 (CEFR 469).

[33] Éric Vial, L’Union populaire italienne 1937-1940 : une organisation de masse du parti communiste italien en exil, Rome, EFR, 2007 (BEFAR 329).

[34] Didier Musiedlak, Université privée et formation de la classe dirigeante : l’exemple de l’Université L. Bocconi (1902-1925), Rome, EFR, 1990 (CEFR 126).

[35] Oltre ai studi di Marie-Anne Matard-Bonucci, membro dal 1987 al 1990, ved. Catherine Brice, Giovanni Miccoli (dir.), Les racines chrétiennes de l’antisémitisme politique (fin XIXe-XXe s.), Rome, EFR, 2003 (CEFR 306).

[36] Catherine Brice (dir.), Frères de sang, frères d’armes, frères ennemis. La fraternité en Italie (1820-1924), 2017 (CEFR 529).

[37] Virgile Cirefice, « Imaginaires de guerre et représentations du futur. Militants et sympathisants du Parti socialiste italien devant la guerre froide (1945-1956) », MEFRIM, 2022-2, in stampa.

[38] Bruno Dumons, Hilaire Multon, (dir.), Blancs et contre-révolutionnaires en Europe : espaces, réseaux, cultures et mémoires (fin XVIIIe-début XXe s.) : France, Italie, Espagne, Portugal, Rome, EFR, 2011 (CEFR 454) ; Simon Sarlin, Le légitimisme en armes : histoire d’une mobilisation internationale contre l’unité italienne, Rome, EFR, 2013 (BEFAR 355).

[39] Arthur Hérisson, « Les catholiques belges face à la crise du pouvoir temporel de la papauté (1859-1870). Une mobilisation au cœur de l’Internationale catholique », MEFRIM, 2021 (133-2), DOI : https://doi.org/10.4000/mefrim.10739

[40] Pierre Milza, Français et Italiens à la fin du XIXe s. Aux origines du rapprochement franco-italien de 1900-1902, Rome, EFR, 1981 (CEFR 53) ; Isabelle Renard, L’Institut français de Florence (1900-1920) : un épisode des relations franco- italiennes au début du XXe s., Rome, EFR, 2001 (CEFR 291).

[41] Christophe Poupault, À l’ombre des faisceaux. Les voyages français dans l’Italie des chemises noires (1922-1943), Rome, EFR, 2014 (CEFR 499).

[42] Daniel Grange, L’Italie et la Méditerranée (1896-1911), Rome, EFR, 1994, 2 vol. (CEFR 197) ; Fabrice Jesné, La face cachée de l’empire. L’Italie et les Balkans, 1861-1915, Rome, EFR, 2021 (BEFAR 390).

[43] François Dumasy, Tripoli coloniale : histoire sociale et économique d’une ville sous domination italienne, Rome, EFR, 2022 (BEFAR 394).

[44] Hugo Vermeren, Les Italiens à Bône (1865-1940). Migrations méditerranéennes et colonisations de peuplement en Algérie, Rome, EFR, 2017 (CEFR 546).

[45] Pierre Milza (dir.), Les Italiens en France de 1914 à 1940, Rome, EFR, 1986 (CEFR 94) ; L’émigration politique en Europe aux XIXe et XXe s., Rome, EFR, 1991 (CEFR 146) ; Marie-Claude Blanc-Chaléard, Les Italiens dans l’Est parisien, Rome, EFR, 2000 (CEFR 264).

[46] Caroline Douki, « Les maires de l’Italie libérale à l’épreuve de l’émigration : le cas des campagnes lucquoises », MEFRIM, 1994, 106-1, p. 333-364.

[47] Annalaura Turiano e Karène Sanchez Summerer, “Les archives de l’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani (ANSMI). Redécouverte d’un fonds, projet de préservation et perspectives de recherche », MEFRIM, 2020 (132-2), p. 451-466.

[48] Ved. il programma EFR “Consoli” ‘(2012-2016) che ha dato luogo a varie pubblicazioni (ad esempio Marcella Aglietti, Mathieu Grenet, Fabrice Jesné (dir.), Consoli e consolati italiani dagli stati preunitari al fascismo (1802-1945), Rome, EFR, 2020, CEFR 568) e che si prosegue dal 2022 al 2026 attraverso la rete di ricerca “La fabrique consulaire”.

[49] Ved. il programma 2012-2016 “Atlas des migrations en Méditerranée. De l’Antiquité à nos jours », che ha recentemente dato luogo a una pubblicazione: Virginie Baby-Collin, Stéphane Mourlane, Sophie Bouffier (dir.), Atlas des migrations en Méditerranée : de l’Antiquité à nos jours, Arles, Actes Sud, 2021.

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