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Per un nuovo approccio alla Storia delle Relazioni Internazionali: il caso della cesura degli anni ’70

Scuola di Scienze Politiche, Università di Bologna, sede di Forlì, 29 settembre 2015

Partecipano: Antonio Varsori (Università di Padova), Paolo Soave (Università di Bologna), Riccardo Brizzi (Università di Bologna)

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Paolo Soave (Università di Bologna), Introduzione e coordinamento

La Storia della Relazioni Internazionali ha sofferto per anni di una evidente carenza di manualistica italiana, lasciando che l’impostazione rigorosamente diplomatica data da Jean Baptiste Duroselle apparisse sempre più datata. Dopo gli importanti contributi di Ennio Di Nolfo, è ora Antonio Varsori, autore di Storia Internazionale. Dal 1919 a oggi, edito da il Mulino nel 2015, a proporre un aggiornato strumento didattico e un’avanzata riflessione metodologica per gli studiosi, ampliando l’analisi a ulteriori forze profonde (basic factors), come l’opinione pubblica e la cultura di massa. Solo così è possibile comprendere la crescente complessità assunta dalla storia, come ben evidenzia fra i tanti il caso degli anni ’70, quando a tutti i livelli si manifestarono nette fratture fra le vecchie culture politiche, cristallizzatesi con la guerra fredda e che informavano le istituzioni, e le nuove, emergenti dal basso e incentrate su valori come l’antimilitarismo e l’indivisibilità della democrazia.

Antonio Varsori (Università di Padova)

Le relazioni internazionali appaiono sempre più complesse e condizionate dal cambiamento, secondo un processo acceleratosi a partire dagli anni ’70. I movimenti del cosiddetto ’68 portarono al ripudio dei valori tradizionali, al rigetto del mito dell’URSS, alla scoperta del pensiero di Mao, a una rivisitazione del Terzo Mondo quale conseguenza, ben oltre la guerra fredda, della nuova frattura fra Nord e Sud del mondo, a cui contribuirono i grandi processi economici come gli shock petroliferi. Le nuove culture hanno favorito l’emergere dei cosiddetti attori non governativi, come Amnesty International per i diritti umani. Nuove sensibilità hanno trovato espressione anche grazie al cinema americano, basti pensare alle progressive narrazioni della guerra del Vietnam. In generale la cultura di massa, sottoposta ai repentini cambiamenti del fattore tecnologico, in particolare nel campo delle comunicazioni, ha conosciuto una radicale evoluzione. Infine, gli anni ‘70 hanno visto emergere un fenomeno inedito a livello internazionale come il terrorismo ad uso politico e il riaffermarsi della variabile rappresentata dalla religione.

Riccardo Brizzi (Università di Bologna)

Il terreno economico è quello su cui (a partire dal 1973) gli anni Settanta rappresentano più di una svolta, ma una vera e propria «fine di un’epoca», con la traumatica presa di coscienza dell’esaurimento della fase dei «miracoli economici» postbellici cui si sostituirono anni di incertezza. Anziché l’«abbondanza» fu la «scarsità» (anzitutto di risorse energetiche) l’orizzonte di riferimento con cui si trovarono improvvisamente a fare i conti i paesi sviluppati. La fine della lunga fase di stabilità e crescita economica che dalla fine del conflitto produsse due conseguenze principali: sul piano interno gran parte dei paesi occidentali furono attraversati da crescenti tensioni sociali che si sovrapposero in questo frangente a una crisi generalizzata di rappresentatività politica; sul fronte internazionale i paesi più avanzati maturano la consapevolezza della necessità di istituire nuovi meccanismi intergovernativi per fronteggiare più efficacemente il nuovo contesto economico globale (vedi la nascita del G7)

Altro ambito cruciale di questa svolta è relativo alla crescente mediatizzazione della sfera politica internazionale, rispetto alla quale la capacità di adattamento delle due superpotenze si rivela molto diversa. Gli Usa dopo un periodo di appannamento (Vietnam, Watergate, etc.) riacquistano centralità ed attrattiva a livello di immagine, di modelli culturali da esportazione, di retorica pubblica mentre l’Urss sul finale dell’era Breznev è una potenza in crescente difficoltà e ampiamente sulla difensiva nello scontro propagandistico e di immagine con l’Occidente.

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